Elenco dei Vincitori – II Edizione 2022

Nella riunione del giorno 13 giugno 2023 la giuria, presieduta dal professor Massimo ONOFRI, ha deciso la seguente classifica di merito. Il Presidente del Premio, Mario Zedda, si congratula con i vincitori e ricorda che per poter ritirare i premi in denaro o in oggetti d’arte è obbligatoria la partecipazione alla cerimonia di premiazione, che si terrà a Fordongianus presso la Sala Congressi del Grand Hotel Terme (per ragioni climatiche) domenica 6 agosto 2023 con inizio alle ore 10,00. La mancata partecipazione da diritto alla ricezione della sola pergamena. Si pregano gli autori premiati di voler comunicare quanto prima all’indirizzo mariozedda@yahoo.it la disponibilità alla partecipazione, il numero del volo, la provenienza, il giorno e l’ora di arrivo e di ripartenza. L’Associazione Culturale Premio Letterario Nazionale Forum Traiani mette a dispozione un Bus navetta da nove posti in coincidenza con i voli in arrivo all’aeroporto di Cagliari Elmas e successivamente in partenza, al fine di ridurre al minimo il disagio ai partecipanti. Nei prossimi giorni tutti i premiati saranno contattati telefonicamente.

Sezione Narrativa:

1° Premio –  La bambina sul davanzale, Daria DE PELLEGRINI, F. Brioschi Editore, Milano 2021.

2° PremioC’è stato forse un tempo. La storia dell’amore fra Nino e Bettina Caponnetto, Massimo CAPONNETTO, Edizioni Piagge, Firenze 2021.

3° PremioNotturno barocco. Il tesoro di Caffarelli, Domenico SAPIO, Colonnese Editore, Napoli 2020.

Sezione Saggistica:

1° Premio –  Franco Buffoni, un classico Contemporaneo. Eros, scientia e traduzione, Francesco OTTONELLO, Pensa Multimedia Editore, Lecce 2022.

2° PremioStoria della malaria in Italia, Gilberto CORBELLINI, Carocci Editore, Roma 2022.

3° Premio Rapsodie del tempo. Culti cosmici e fughe dal mondo nella sapienza antica, Alessandro MAZZUCCHELLI – Marco BRACALI, Delphi Edizioni 2022.

Sezione Poesia edita:

1° Premio Il testimone e l’idiota, Paolo VALESIO, La Nave di Teseo, Milano 2022.

2° Premio Tempo d’opera, Alberto TONI,  Il Ramo e la Foglia Edizioni, Roma 2022.

3° Premio – Avrei voluto scarnire il vento, Grazia FRISINA, Compagnia dei Santi Bevitori, Pistoia 2022.

Premio speciale giuria a:

Sophia DE MELLO BREYNER ANDRESEN, Il giardino di Sophia, cura e traduzione di Roberto Maggiani, Il Ramo e la Foglia Edizioni, Roma 2022.

Voce fra le più intense e significative della storia della poesia portoghese, Sophia de Mello Breyner Andresen (Porto 1919-Lisbona 2004) giunge infine a conquistare il posto che le spetta presso un pubblico ampio quanto il pianeta. La sua poesia infatti, di radice insieme atlantica e mediterranea, classica e cristiana, librata sulla verticale fra cielo e terra e dotata dello stesso immenso respiro dei poeti da lei prediletti e tradotti (che sono nientemeno che Dante e Shakespeare), si iscrive senza sforzo nell’antica e gloriosa tradizione della letteratura cosmologica. O, per meglio dire, cosmo-politica, tenuto conto della costante e profonda ricerca di giustizia dell’autrice e della sua viva, costante partecipazione alla sfera sociale e pubblica. A lungo “muta di ammirazione” di fronte a lei, la sua platea di lettori e lettrici le restituisce oggi, postumi, gli onori che ha mancato di assicurarle in vita, riconoscendola in tutta la sua grandezza di pensatrice, di poeta, e di essere umano.

Monica Farnetti

Premio per la Letteratura a:

Gavino LEDDA

Quando arrivò in libreria nel 1975, Padre padrone, racconto di formazione autobiografico di realismo asciutto e solenne, esplose subito come un caso molto più che letterario: non per niente, dopo aver conquistato il premio Viareggio “Opera prima”, e soltanto due anni dopo, era già a disposizione nelle sale la riduzione cinematografica dei fratelli Taviani, vincitrice della Palma d’oro a Cannes. Credo si possa dirlo con una certa sicurezza: se Grazia Deledda fu la madre di ogni Sardegna ancorata a riconoscibili codici antropologici, quelli appunto di una civiltà agro-pastorale che coincideva con se stessa, se Salvatore Mannuzzu (in ciò discendente di Giuseppe Dessì), viceversa, restava il figlio d’un disconoscimento di quei codici (pena, in caso contrario, un’ingiustificabile regressione nell’oleografia), Gavino Ledda ci appare già in Padre padrone lo scrittore d’un conflitto drammatico («dramma patriarcale» lo chiama lui), d’una testimonianza lancinante, di un’offesa e di una perdita, altrettanto irreparabili, che ci arrivavano come l’eco dolorosissima di una catastrofe antropologica, della dissoluzione in corso di una civiltà. Lo scrittore però, nei decenni, al di là delle continue e sofferte riletture del suo rapporto col padre e con la cultura che esprimeva, aveva già inscritto in quel romanzo il suo sentimento dell’esistenza (la medesima, leopardianamente, per ogni creatura vivente) e la sua speciale cosmogonia, che trova la sua esplicitazione in un passaggio cruciale del romanzo. Questo: «L’ordine sociale del pastore coincideva con un intimo ordine diventato biologico. Contravvenire alle leggi del padre equivaleva, dunque, a negare l’ordine naturale e immutabile delle cose». Ma equivaleva, anche, a entrare nella Storia: per diventare finalmente uomo nell’accezione più larga possibile. Ecco, allora, in età ormai adulta, il servizio militare e gli studi universitari. Colpa della cultura italiana fu quella di aver identificato Ledda con quel pur importantissimo romanzo, impedendosi e impedendoci di vedere tutto ciò che di prodigioso sarebbe venuto poi. Lo scrittore di Siligo sarebbe stato infatti molto altro e molto di più: un glottologo e un linguista, un poeta che avrebbe creato una lingua nuova e inaudita, un regista e un attore che avrebbe trovato nel film Ybris (1984), ricavato dal romanzo Lingua di falce (1977),e cioè  la sua felicissima sintesi, il suo misterioso ideogramma, la sua restituzione simbolica del mondo. Risulta chiaro, alla luce di quanto è venuto dopo, che il punto di forza di Padre padrone non stava qui -soltanto qui-, nella rappresentazione dettagliata e onesta, sino all’impudicizia e allo scandalo, d’un mondo (e della concezione su cui s’appoggia), o di quelle equazioni tra natura e cultura (d’una cultura che si pretende natura). Stava nella sua lingua, con la sua metaforica recuperata dal dialetto, che attingeva incredibilmente al linguaggio della natura (d’una natura vissuta profondamente e quotidianamente): non per caso, i suoi lettori migliori furono i linguisti come Tullio De Mauro. Senza ammettere questa semplice verità non sarebbe possibile comprendere quello stupefacente capolavoro che s’intitola I cimenti dell’agnello. Novelliere gaìnico, in cui l’antropocentrismo viene messo radicalmente in discussione mentre il mondo contemplato dallo straziato e inerme punto di vista dell’agnello gli consente di varcare frontiere psicologiche e linguistiche che forse nessuno scrittore ha mai oltrepassato. Per tali ragioni viene assegnato a Gavino Ledda il Premio Forum Traiani per la Letteratura.

Massimo Onofri