La Storia

L’insediamento romano a Forum Traiani, odierna Fordongianus in provincia di Oristano, è ascrivibile al periodo repubblicano. Alla fase iniziale della fondazione romana rimandano ceramiche a vernice nera (Campana A del II secolo a.C.), tre statue in trachite di bottega locale, due maschili ispirate dal tipo del Bes punico, Eshmun, una femminile acefala; la tomba a inumazione, con corredo riferibile a una deposizione femminile, ritrovata in località Is Ortus, databile al I sec. a.C.; un’arula della seconda metà del I secolo a.C. posta come dedica a Aescul(apius) in scioglimento di un voto da parte di Lucius Cornelius Silla (AE 1986, 272 = ELS B 130; Zedda 2004, 104, n. 2. Il consolidamento della presenza romana è da riportarsi al I secolo d.C. in coincidenza con la costruzione della strada a Turre Kàralis, che metteva in comunicazione le città di Turris Libisonis, odierna Porto Torres, con Kàralis – Cagliari. Allo stesso periodo è riconducibile la costruzione del ponte romano che attraversava il fiume Tirso.

La città, nacque in funzione dell’esigenza romana di un insediamento militare permanente in grado di limitare le incursioni delle popolazioni barbaricine verso le pianure del campidano. Presenza documentata a partire dai primi decenni del I sec. d.C. dal miliario, forse della via ad Forum Augusti  del Prolegato T. Pompeius Proculus databile al 13-14 d.C. (E.E. VIII, 742; Zedda 2004, 108 n. 13) e da alcune iscrizioni latine: la prima, ritrovata nell’area delle antiche terme romane, è un atto di omaggio da parte delle Civitates Barbariae a un Augusto, forse lo stesso Ottaviano, o Tiberio, che avvalora la tesi del successo di un’operazione militare romana di controllo del territorio barbaricino (AE 1921, 086 = ILSard. 01, 188 = ELS A 188; Zedda 2004, 103 n. 1; Mastino 2005, 126). Territorio sul quale doveva operare la Prima Coorte di Corsi posta sotto il comando militare di Sesto Giulio Ruffo praefectus I cohortis corsorum et civitatum barbariae in Sardinia, ricordato dall’iscrizione ritrovata nell’agro dell’antica città di Preneste, odierna Palestrina in provincia di Roma (CIL XIV, 2954). Un’iscrizione riportata su un architrave di marmo bianco, ritrovato in una abitazione di Fordongianus, documenta un Iulius Pollio, tribunus militum cohortis XV urbanae, tribunus cohortis III pretoriae, chiamato a governare la Sardegna dopo il 55 d.C. (CIL X, 7863; Zedda 2004, 119 n. 52. Sul personaggio: (Spano BAS n. 10 1860, 151-153; CIL X, 7952).

E’ molto probabile che nel 19 d.C. sia giunta ad Aquae Ypsitanae almeno una parte di quei quattromila giudei che furono esiliati in Sardegna dal senato romano con il compito di reprimere il brigantaggio. Episodio che Tacito fissa all’anno della morte di Germanico – 10 ottobre 19 d.C. -, sotto Tiberio (Annales 2,85.4). La notizia è confermata da Giuseppe Flavio (Ant. 18,83-84) che sposta la datazione al 26-36 d.C. nell’arco cronologico nel quale Pilato esercitò la prefettura della Giudea.

Svetonio (Vita Claudii, 23,4) parla di espulsi “Iudaeos impulsore Chresto assidue tumultuantes Roma expulit”. Quanto da lui segnalato coincide con il racconto di Luca in Atti degli Apostoli (At.18,1-2), ma non con quanto riportato dallo storico Cassio Dione, secondo il quale Claudio “ordinò loro di non tenere più riunioni, pur continuando nel loro tradizionale stile di vita” (Hist., LX, 6, 6). Giuseppe Flavio non menziona alcun provvedimento negativo preso nei confronti dei giudei, né all’inizio né alla fine del regno di Claudio. La data ricorre in una lettera, su papiro, scritta da Claudio il 10 novembre del 41 (P. Lond. VI 1912 = CPJ II 153), con la quale confermava i diritti dei giudei a seguire il loro culto così come stabilito dai sovrani e dai prefetti precedenti. Per lo storico Paolo Orosio, vissuto nel V secolo,  il provvedimento menzionato da Svetonio fu emesso verso il 49 (cfr. Hist. Adv. Pag., VII, 6, 15-16) e non va confuso con quello ricordato da Tacito.

Il ritrovamento di due lanterne, una raffigurante un candelabro a sette bracci, menorah, l’altra il sacrificio di Isacco (Zedda 2004, 99 n. 2), provenienti dalla necropoli della chiesa di san Pietro, e la tomba ipogeica ad arcosolio in località Sa Domu de sa Senora, presente nell’area suburbana Nord-orientale di Forum Traiani, riferibile all’ambito culturale ebraico, V-VI sec. d.C., documentano la presenza nel territorio di una comunità giudaica ben integrata.

La presenza romana si affermò nel corso del I secolo d.C. in funzione dello sfruttamento dell’acqua calda naturale che sgorga sulla riva sinistra del fiume Tirso alla temperatura di 54 gradi centigradi, che portò alla costruzione del primo nucleo termale; ingrandito nel corso del II-III secolo con l’aggiunta, nel lato meridionale, di un altro complesso a riscaldamento artificiale avente finalità igienico-ricreative.

La più remota testimonianza di Acquae Ypsitanae, proviene da  Claudio Tolomeo, metà del II sec. d.C. (Υδατα Ύψιτανά,  Geog., III, 3,7), un’opera redatta utilizzando verosimilmente documenti più antichi conservati nella biblioteca di Alessandria, ai quali il geografo greco si riferiva per i suoi studi – questo spiegherebbe perché abbia usato il nome antico quando la località aveva già assunto da alcuni decenni la nuova denominazione di Forum Traiani – : confermata dall’iscrizione presente in una lastra di trachite, ora scomparsa, attribuibile al I sec. d.C.,  (Zedda 1906, 42; IlSard 01, 194 = ELS A 194).

Il passaggio alla nuova denominazione avvenne all’inizio del II secolo, quasi certamente nel 111, con la costituzione del Forum Traiani da parte del clarissimus proconsole Lucius Cossonius Gallus, per ordine dell’imperatore Traiano (98-117 d.C.). Lucio Cossonio, appartenente alla tribù Stellatina, era probabilmente di origine beneventana. La certezza del proconsolato della Sardegna è attribuita al periodo tardo traianeo (PIR, 2 G 71; PIR, 2 C 1541). L’attestazione proviene da due iscrizioni latine: una proveniente da Antiochia Pisidiae (CIL III 6813 = ILS 1038 = AE 1888, 90),  l’altra da  Caesarea Maritima (CIIP, 2, 1227 = AE 2003, 1801). La data del suo ingresso in senato è al momento sconosciuta, forse ottenne il proconsolato della Sardegna solo per un anno. Probabilmente nel 112 tornò a Roma dove rivestì il rango sacerdotale di sodalis Flavialis; nel 113-115 fu chiamato come legato nelle provinciae di Galatia, Pisidia e Paphlagonia; nel 116 fu consul suffectus e intorno al 120 d.C. legatus provinciae Iudeae.

Lucio Cossonio Gallo iniziò la sua carriera prestando servizio come tribuno militare nella legio XXI Rapax nel 90-92. Forse nel 93 svolse a Roma, nell’ambito del vigintiviratus, la magistratura di triumvir capitalis. Successivamente rivestì gli incarichi provinciali di legato della provincia proconsolare d’Asia e di quaestor della provincia di Bitinia e Ponto. Rientrato a Roma fu prima tribunus plebis, poi praetor; più tardi ottenne di provvedere alla cura delle viae Claudia, Cassia, Annia, Cimina e Traiana Nova e quella di praefecti frumenti dandi. Verso il 109-110 fu legato della legio I Italica e della legio Traiana Fortis. Dopo i comandi legionari ottenne il proconsolato della Sardegna. La costituzione del Forum Traiani portò allo stabilirsi nell’area di coloni, probabilmente veterani delle campagne daciche, che ricevevano lotti di terra con la formula dell’assegnazione personale, adsegnatio viritim. (Cfr. Mastino-Zucca, Gerión 2014 n. 32, 199-223). L’assegnazione non aveva perciò conseguenze di diritto pubblico e il fondo così assegnato, detto ager viritanus, rimaneva interamente nel dominio privato.

Al periodo imperiale è attribuibile la costruzione dell’acquedotto romano di Forum Traiani del quale permangono due rami distinti: il primo in località Pischina de ludu e Tasonis dove è ancora visibile un tratto di acquedotto con piscina limaria funzionale alla decantazione delle acque; il secondo con andamento Sud-Nord proveniente dal versante settentrionale del monte Grighini con tratto iniziale che da Su Cuggiu ‘e is Arangius prosegue per S’Ispadula, Ghidingiana, Campu Olias, Costa Sa Murta. I due rami confluivano presumibilmente in un’unica condotta prima di raggiungere e alimentare il centro urbano.

L’anfiteatro romano di Forum Traiani è stato costruito con varie tecniche edilizie, testimonianza di diversi interventi che consentono di inquadrare la prima costruzione al I-II sec. d.C. – le dimensioni dell’anfiteatro di prima fase sono: asse maggiore 52,60 metri, asse minore  41,55 metri; con l’ampliamento nel corso del III sec. d.C. – le dimensioni dell’anfiteatro di seconda fase sono: asse maggiore 59,30 metri; asse minore  48,25 metri. I vari ritrovamenti monetali nel corso degli scavi consentono di ipotizzarne un uso continuato fino a V secolo d.C. Lo stato dell’attuale indagine archeologica ha messo in luce diverse sepolture nella cavea – inumazioni a terra – che documentano il successivo riuso in epoca bizantina (VII-VIII sec. d.C.). L’anfiteatro romano di Forum Traiani è il secondo più importante della Sardegna dopo quello di Cagliari e poteva ospitare oltre 3.000 spettatori. Le rovine dell’edificio sono visibili nella periferia meridionale del paese in località Apprezzau.

A circa millecinquecento metri dal centro abitato sorge la chiesa di san Lussorio, edificata dai monaci benedettini di S. Vittore di Marsiglia nei primi decenni del XII secolo (1110-1120). L’attuale struttura con copertura a capriate lignee, eretta nel XIV secolo in sostituzione dell’originaria volta a botte, esibisce un impianto ad aula mononavata con abside semicircolare orientata costruita al di sopra di un preesistente complesso ipogeico di epoca romana, sorto in contesto archeologico pluristratificato e distinto da fasi edilizie comprese tra il IV e il VI secolo d.C., con testimonianze d’uso fino al secolo VIII. Nei successivi secoli IX-XI si registra la mancata frequentazione dell’area, per poi riprendere nei primi decenni del secolo XII in concomitanza con la costruzione della nuova chiesa. I recenti scavi archeologici hanno messo in evidenza la sovrapposizione all’originaria necropoli di età romana imperiale di una vasta area cimiteriale paleocristiana. Il complesso è intitolato a san Lussorio, martire delle persecuzioni cristiane il 21 agosto del 304, al tempo dell’imperatore Diocleziano (284-305 d.C.). La storicità del martirio è documentata dal Martirologio Geronimiano risalente nella sua originaria formulazione alla metà del V secolo (431-450), da un’epigrafe, datata al VI secolo murata nella parete meridionale della chiesa di san Lussorio (AE 1990, 459 = AE 1992, 879ab), dalla lettera di papa Gregorio Magno del luglio 599 inviata al vescovo di Cagliari Gianuario (epistola IX, 198) e dal Martirologio di Rabano Mauro risalente al IX secolo. La conversione, il processo, la condanna a morte e la sepoltura del Santo sono contenuti in dieci testimoni manoscritti che conservano il testo della Passio (su tutto Zedda, San Lussorio nelle fonti manoscritte, Firenze 2019).

Il martirio di san Lussorio creò le premesse per l’istituzione della sede vescovile di Forum Traiani – la carica onorifica è al momento ricoperta da Jörg Michael Peters, Vescovo ausiliario di Trier, Germania (Catholic Hierarchy: its Bishops and Dioceses, current and past) -,  testimoniata fin dal V secolo dalla partecipazione del Vescovo Martinianus al Concilio di Cartagine del 484 d.C., ma non è escluso che la cattedra possa essere sorta già alla fine del IV secolo (Lanzoni 1927, 1070; sui vescovi di Forum Traiani, Zedda 2004, 167-169).

La prima presenza umana nel territorio di Fordongianus è ascrivile al Neolitico recente, documentata dalla presenza delle necropoli a Domus de Janas, scavate nella roccia, riferibili all’orizzonte culturale di S. Michele di Ozieri (3200-2800 a.C.), situate in località Is domigheddas e Gularis – Santu Juanni. La presenza umana durante il periodo protostorico è evidenziata da costruzioni nuragiche dalla tipologia diversificata, edificate per lo più sulla sommità di piccole aree pianeggianti che si protendono sul fiume Tirso. Tre sono nuraghi arcaici o protonuraghi: Putzòla (XVI-XV sec. a.C.), Pranu Antoni, Loddùa; due sono invece i nuraghi a tholos: Casteddu ‘Ecciu e Su Solianu (XV-XIII sec. a.C.). Certamente non erano gli unici nuraghi presenti nel territorio. Un’area non indagata è circoscritta in località Is Ortus nella quale chi scrive rinvenne due sculture di epoca nuragica (Zedda 2004, 51, 52). La stessa area dove sorge la chiesa di San Lussorio potrebbe essere stata interessata da preesistenze nuragiche: un’ipotesi in questo senso può essere avanzata sulla base della presenza, al di sotto della pavimentazione musiva della cripta, di fase IV secolo, di un’area cultuale pagana forse dedicata al culto delle acque.

Durante il periodo medievale, probabilmente tra la fine del secolo XI e l’inizio del secolo XII, sorsero a Fordongianus una chiesa e un monastero dei frati di S. Jacopo d’Altopascio (Zedda 1906, 61-64, con errata assegnazione ai vallombrosani). L’attribuzione del sito agli altopascini proviene dal ritrovamento di due sigilli appartenenti a questo Ordine di frati ospitalieri: il primo, conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, ritrovato durante lo scavo delle fondamenta per la costruzione del nuovo ponte sul fiume Tirso, negli anni 1780-1795 – il ponte è stato ultimato quasi un secolo dopo, nel 1877 -, è appartenuto a Martino della Vecchiaia, Maestro dell’Ospedale di S. Jacopo d’Altopascio tra il 1108 e il 1146; il secondo, forse andato perduto, ritrovato nella stessa area, è appartenuto a Guglielmo De Bergolio, abate della chiesa di san Pietro d’Altopascio, costruita sulla riva sinistra del fiume Tirso (Zedda 1906, 62; Zedda 2020, 27).

Nel centro di Fordongianus sorge la “Casa aragonese” un edificio signorile edificato tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo. L’edificio è arricchito con elementi architettonici, concentrati particolarmente intorno alle aperture, nei quali sono riscontrabili le forme del gotico aragonese e del tardo rinascimentale, scolpiti da esperti scalpellini locali nella trachite rossa. La tipologia costruttiva del portico esterno trova riscontro in altre costruzioni della zona – Abbasanta – e in quella di certe case dell’isola di Maiorca e di altre aree della Spagna. L’importanza di questo edificio storico può essere sottolineata dalla fedele ricostruzione fatta a Roma, in occasione della Mostra di Etnografia italiana  del 1911, quale esempio di costruzione signorile della Sardegna (Zedda 2004, 185-196).

Chi visita Fordongianus non può fare a meno di percorrere il centro storico per scoprivi angoli di suggestiva bellezza: piccoli edifici sapientemente restaurati che testimoniano lo stretto rapporto che lega gli abitanti con la pietra locale. Tra i bassi edifici spicca la chiesa cattedrale in stile neogotico, intitolata al patrono S. Pietro Apostolo, costruita da maestranze del posto su progetto dell’ingegnere Dionigi Scano. La chiesa, iniziata il 14 Marzo 1897, fu ultimata nel 1904. Il prospetto è realizzato con blocchi isodomi di trachite a file alternate di colore grigio e rosso in contrasto cromatico. diviso in tre ordini da due modanature: nel primo si staglia l’imponente portale d’ingresso con arco a sesto acuto e stipiti poligonali con capitelli, diviso centralmente da una colonna in due settori; due grandi bifore sono poste ai lati del portale. Il secondo ordine è caratterizzato da un rosone traforato sormontato da sopracciglio pensile gravante su capitelli.  Il terzo presenta centralmente una croce mauriziana sottostante la doppia cornice, intagliata su conci di trachite grigia con sfondo di trachite rossa. All’interno della navata i richiami al gotico sono resi manifesti dalla presenza degli archi  a sesto acuto che mettono in comunicazione i quattro padiglioni della navata centrale e questa con quelle laterali, e dalle volte a crociera. Di particolare rilievo la presenza all’interno della nuova struttura di una parte dell’antica chiesa di S. Pietro, realizzata in stile gotico catalano-aragonese, databile tra la fine del  XV e l’inizio del XVI secolo, caduta in rovina  è stata successivamente restaurata e incorporata nella nuova chiesa come cappella del Sacro Cuore. Anche il piccolo campanile a vela esterno, in origine integrato alla vecchia struttura, è ascrivibile allo stesso arco cronologico.

 

Mario Zedda – Luglio 2021.